Etichettamento eufemistico, metafore corporali e disimpegno morale
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Browning, Milgram, Zimbardo. L’impersonale meccanismo. Obbedienza e ruolo nel comportamento di gruppo. Parte 2 di 3
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Browning, Milgram, Zimbardo. L’impersonale meccanismo. Obbedienza e ruolo nel comportamento di gruppo. Parte 1 di 3

Introduzione

In questa relazione si analizzeranno l’obbedienza e il ruolo nelle dinamiche di gruppo alla luce delle opere di Christopher R. Browning, Stanley Milgram e Philip Zimbardo.
Christopher R. Browning è uno storico, in questa sede verrà esaminata la sua opera: Uomini comuni. Polizia tedesca e “soluzione finale” in Polonia (1995).
Stanley Milgram (1933-84) è uno psicologo sociale assurto a fama mondiale dopo aver condotto l’esperimento che porta il suo nome (1963).
Philip Zimbardo è uno psicologo sociale noto per l’esperimento carcerario di Stanford (1971).
Nel suo lavoro, Browning si chiede come gli uomini del Battaglione di Polizia di Riserva 101 abbiano potuto svolgere un ruolo chiave nella Soluzione Finale, essendo essi tutti “uomini comuni”, cioè privi di una storia di violenza alle spalle, che possa giustificare le atrocità da essi compiuti. La sua ricerca fa riferimento ai lavori di Milgram e di Zimbardo rispettivamente per i meccanismi dell’obbedienza all’autorità e del ruolo nelle dinamiche di gruppo che saranno esaminati in questa sede.

Il Battaglione di Polizia di Riserva 101

 

Il Battaglione di Polizia di Riserva 101

Il Battaglione di Polizia di Riserva 101, composto di circa 500 uomini, era un’unità della
Polizia di Ordinanza Tedesca (Ordnungspolizei o Orpo) che durante l’occupazione Nazional Socialista della Polonia ha svolto un ruolo chiave nell’esecuzione della Soluzione Finale, in particolare nella raccolta ed espulsione di Ebrei, Polacchi e Zingari, nel presidiare e liquidare i ghetti, nella deportazione a campi di concentramento e nelle fucilazioni di massa di decine di migliaia di civili.
Stanziato nel distretto di Watergau (Polonia ovest) si stima che circa 37000 persone furono evacuate dalle loro abitazioni in un periodo di cinque mesi dalla primavera all’estate del ’40.
Nel Maggio del ’41 il Battaglione fu rispedito alla sua base ad Amburgo dove fu totalmente ricostruito, i suoi ranghi furono riempiti da riservisti arruolati di leva e fu sottoposto a un periodo di intenso addestramento. Periodo che coincise con la deportazione in est Europa della popolazione ebraica di Amburgo dall’Ottobre al Dicembre del ’41. In questo frangente, il Battaglione fu funzionale in molti aspetti del processo di deportazione come il presidio del punto di assembramento – che era la Loggia dei Massoni di Amburgo – e la stazione ferroviaria dove gli Ebrei erano imbarcati sui treni verso le loro finali destinazioni a Lodz, Minsk e Riga.
Nel Giugno del ’42 il Battaglione fu stanziato in Polonia nel distretto di Lublino dove fu usato nell’assembramento e concentrazione di Ebrei da insediamenti più piccoli a ghetti più grandi o campi, come Izbica e Piaski, i due maggiori campi di concentramento nel distretto.
Dal Luglio al Novembre del ’42 il Battaglione fu utilizzato per fucilazioni di massa di Ebrei civili in tutto il distretto di Lublino.
Si calcola che il Battaglione di Polizia di Riserva 101 fu responsabile nel periodo che intercorse tra il Luglio del ’42 e il Novembre del ’43 per l’uccisione di più di 38000 Ebrei e la deportazioni di altri 45000.
Quasi tutti i membri del Battaglione sopravvissero alla fine della guerra e tornarono in Germania. Nell’immediato dopoguerra, solo quattro membri subirono conseguenze legali delle loro azioni in Polonia, furono estradati nel paese nel ’47 e processati l’anno seguente. Due furono condannati a morte e gli atri due alla prigione. Fu però solo nel ’62 che il Battaglione fu posto per intero sotto investigazione dalla Procura di Amburgo. Nel ’67, quattordici membri dell’unità furono messi sotto processo e anche se la maggior parte furono condannati, solo cinque andarono in prigione, scontando una pena dai cinque agli otto anni, i quali furono ridotti nel corso di un lungo processo di appello.

Uomini comuni

Ad eccezione degli ufficiali, dei luogotenenti in riserva e dei sottoufficiali, gli uomini che composero il Battaglione di Riserva 101 provenivano dai ceti più modesti della società tedesca.
Della truppa, la maggior parte proveniva dall’area di Amburgo e la maggioranza di essi, il 63%, aveva fatto lavori tipici della classe lavorativa della città: scaricatori di porto, camionisti, i più numerosi, ma poi anche molti muratori, operai, marinai e camerieri. Il 35% di essi erano del ceto medio e invariabilmente avevano lavorato come “colletti bianchi”: tre quarti di essi erano nelle vendite, il rimanente quarto aveva lavorato in vari uffici sia nel settore privato che pubblico. Il numero di artigiani indipendenti e di piccoli imprenditori era estremamente basso. Solo il 2% erano professionisti della classe media borghese, come farmacisti e insegnanti. L’età media degli uomini era di 39 anni, oltre la metà stavano tra i 37 e i 42 anni, un gruppo considerato troppo vecchio per il servizio nell’esercito ma arruolato per la Riserva di Polizia dopo il Settembre del ’39.
In sostanza gli uomini del Battaglione non avevano avuto esperienza di mobilità sociale o geografica, pochi erano economicamente indipendenti e virtualmente nessuno aveva ricevuto ulteriore educazione dopo aver lasciato la Volksschule (comparabile alle nostre medie) all’età di quattordici o quindici anni. Un’alta percentuale era divenuto membro del partito dopo il ’42, tuttavia non è chiaro quanti erano stati Comunisti o socialisti e/o membri di sindacati prima del ’33. Si stima comunque che questo numero debba essere stato significativo date le origini sociali e geografiche. Poiché avevano un’età avanzata, tutti avevano passato gli anni della formazione nell’era pre-Nazista, e la maggior parte veniva dalla città di Amburgo che, per definizione, fu una delle meno “nazificate” città della Germania. La maggior parte proveniva da una classe sociale che era stata anti-Nazista nella sua cultura politica.
Si può concludere che questi uomini formavano il gruppo meno probabile tra cui arruolare gli assassini di massa necessari per la Soluzione Finale.

L’azione a Józefów

Il setting e la straordinaria offerta
Dopo lo stanziamento nell’area di Lublino, nel Giugno del ’42 il Battaglione ricevette ordini per un'”azione speciale”, la natura della quale non era specificata negli ordini scritti, ma gli uomini furono indotti a credere che si sarebbe trattato di fare dei turni di guardia. L’azione sarà poi la prima vera prova di assassinio di massa che il Battaglione di Polizia di Riserva 101 dovrà affrontare. Non vi è indicazione che in quell’evento anche gli ufficiali sospettassero della vera natura delle mansioni che sarebbero stati chiamati a ricoprire. Il Battaglione arrivò alle prime luci dell’alba nella città di Józefów dopo essere partito circa alle 2 del mattino dalla vicina Biłgoraj. Prima dell’azione il comandante del Battaglione, il Maggiore Wilhelm Trapp, un uomo che aveva passato i cinquant’anni e che era stato veterano della prima guerra mondiale oltre che poliziotto di professione, fece assembrare gli uomini e qui, dopo aver enunciato i dettagli della loro terribile mansione, fece un’offerta straordinaria: qualsiasi degli uomini più anziani, che non si sentisse all’altezza del compito che lo aspettava, poteva fare un passo avanti. Dopo qualche istante, un uomo, Otto-Julius Schimke, fece un passo avanti e dopo che ebbe verificato che nulla di male gli sarebbe accaduto, altri dieci o dodici uomini fecero anch’essi un passo avanti. A questi uomini Trapp assegnò compiti ai margini di tutta l’azione che si sarebbe dovuta svolgere nel resto della giornata.
Il piano

In seguito Trapp assegnò gli ordini ai comandanti di Compagnia. Due plotoni (circa 30 uomini l’uno) della Terza Compagnia avrebbero dovuto circondare il villaggio, agli uomini fu esplicitamente detto di sparare a chiunque tentasse la fuga. I rimanenti uomini avrebbero dovuto radunare gli Ebrei e portarli alla piazza del mercato. Quelli che erano malati o troppo fragili, coloro che resistevano o tentavano di nascondersi avrebbero dovuto essere fucilati sul posto. Gli uomini della Prima Compagnia si sarebbero divisi in questo modo: un primo gruppo avrebbe fatto la guardia agli “Ebrei abili al lavoro”, mentre il secondo si sarebbe stanziato nella vicina foresta per formare dei plotoni di esecuzione. La Seconda Compagnia avrebbe fatto la spola, usando i camion del Battaglione su cui sarebbero stati imbarcati gli Ebrei, tra la piazza del mercato e la foresta.
L’esecuzione e l’effetto sugli uomini

Il Maggiore Trapp spese la maggior parte del giorno a Józefów e non andò mai nella foresta o ebbe modo di vedere le esecuzioni, la sua assenza sul luogo fu notata dagli uomini. Un testimone riferì di averlo sentito dire: “Oh, Dio, perché mi devono essere dati questi ordini…” mentre metteva la mano sul cuore. In un’altra occasione confessò: “… certi lavori non sono fatti per me. Ma gli ordini sono ordini.”. In un altro caso: “Il Maggiore Trapp camminava agitato avanti e indietro e improvvisamente si fermò davanti a me e mi guardò dritto negli occhi e mi chiede se approvassi tutto questo, risposi: “No, Signor Maggiore!” Lui poi ricominciò a camminare e pianse come un bambino”. Mentre il Maggiore Trapp si disperava, i suoi uomini eseguivano gli ordini. Gli Ebrei venivano portati fuori dalle loro case, quelli che non potevano muoversi abbastanza rapidamente o resistevano vennero fucilati sul posto. Si trattava di una piccola cittadina che ben presto fu piena di grida e spari, e tutti sentivano ciò che stava avvenendo. Insieme agli anziani e ai malati, molti riportarono la presenza di cadaveri di bambini tra gli altri ovunque lasciati nelle case, sui portoni e nelle strade della cittadina. Sembra tuttavia che gli uomini avessero difficoltà ed evitassero di sparare ai bambini che spesso erano visti in compagnia delle madri che li tenevano in braccio o li conducevano per mano.
Nella foresta le vittime venivano divise in gruppi e ciascun plotone si accompagnava con un pari numero. Il grosso delle vittime rimaneva all’entrata della foresta mentre piccoli gruppi venivano condotti all’interno, poi si sentivano gli spari, i plotoni che poco prima erano entrati accompagnati, comparivano con le uniformi sporche di sangue e prendevano un altro gruppo e così via.
Entrati nella foresta i plotoni seguivano le piste interne fino ad arrivare a un luogo in cui un sottufficiale – che cercava i luoghi adatti – indicava loro dove andare. Veniva ordinato alle vittime di stendersi per terra in una fila, poi i soldati del plotone arrivavano loro dietro e all’unisono, usando la baionetta come guida, sparavano alla testa o al collo.
Per coloro che non avevano accettato l’offerta di Trapp, è probabile che solo adesso si rendessero conto delle conseguenze della loro decisione. Alcuni uomini della Prima Compagnia avvicinarono il Primo Sergente Kammer dicendogli di non riuscire a continuare, lui li assegnò a mansioni di guardia poco fuori dal perimetro della foresta. Nel corso della giornata altri lo avvicinarono e furono assegnati a altri compiti, lontano dagli spari.
Altri ancora fecero l’errore di avvicinarsi al Capitano Wohlauf (che era anche SS-Hauptsturmfürer), dicendo di essere anche loro padri e che non riuscivano a continuare. Lui rifiutò le loro richieste dicendo che avrebbero potuto, se avessero voluto, sdraiarsi insieme alle vittime. In seguito però Kammer licenziò anche questi e un numero di altri soldati a cui in seguito fu permesso di tornare ai loro quartieri presso Biłgoraj.
Altri poliziotti che non poterono chiedere di essere allontanati, trovarono altri modi per sottrarsi al loro compito.
Nella cittadina, durante le prime azioni di rastrellamento, alcuni uomini della Prima Compagnia si nascosero nel giardino del prelato cattolico della città, e vi rimasero per un certo tempo, poi per paura che la loro assenza fosse notata si recarono alla piazza del mercato e presero uno dei camion verso la foresta e si fecero trasportare avanti e indietro per avere una scusa della loro assenza.
Altri ancora spendevano un’impossibile ammontare di tempo nelle case in cui entravano per non dover assembrare gli Ebrei.
La situazione non era migliore nei plotoni d’esecuzione. Molti uomini tendevano a mancare apposta le loro vittime e i sottufficiali dovevano finire il lavoro con “colpi di grazia”.
Tra i primi Franz Kastenbaum che aveva negato di ricordare alcunché delle uccisioni degli Ebrei durante l’interrogatorio ufficiale nel post guerra, improvvisamente apparve non invitato all’ufficio del Procuratore di Amburgo che stava investigando le azioni del Battaglione di Polizia di Riserva 101. Disse di essere stato un membro di un plotone di sette o otto uomini che aveva portato le sue vittime nella foresta e le aveva fucilate a bruciapelo, questa procedura fu ripetuta fino alla quarta vittima: “La fucilazione mi era così ripugnante che ho mancato il quarto uomo. Non mi era semplicemente possibile di mirare accuratamente. Improvvisamente fui aggredito dalla nausea e scappai via dal luogo di esecuzione. […] Non era che non potevo sparare più correttamente, bensì che ho mancato intenzionalmente quel quarto uomo. Poi scappai nei boschi, vomitai, e sedetti accanto a un albero. Chiamai a gran voce, perché volevo essere lasciato da solo. Oggi posso dire che i miei nervi erano completamente andati. Credo di essere rimasto là per due o tre ore.”. Sembra che alcuni dopo il primo colpo dato alla vittima non riuscissero più a sparare, ma in generale si calcola che gli uomini non riuscissero più a continuare nella mansione dopo aver sparato a un numero tra le dieci e le venti vittime.
Coloro che cercarono di evitare di compiere le proprie mansioni o che poi dichiararono di non essere più in grado di farlo, non subirono alcuna conseguenza dalle loro azioni.
In contrasto netto con il conflitto interiore vissuto dagli uomini del Battaglione, dopo i primi spari e la realizzazione del loro destino, le vittime si posero in un atteggiamento che verrà poi descritto dai testimoni di: “calma” o “straordinario contegno”, cosa che sembrava ulteriormente esasperare i carnefici.
All’imbrunire di quella lunga giornata d’estate, le esecuzioni si fecero sempre meno organizzate e più frenetiche. Alle 9 di sera gli ultimi Ebrei furono eliminati, si stima che le vittime totali di Józefów furono circa 1500. Stancamente i soldati si radunarono nella piazza del mercato per iniziare il viaggio di ritorno ai quartieri del Battaglione. I corpi nella foresta furono lasciati così come si trovavano; la gran massa di valigie e dei beni affettivi nella piazza del mercato appartenuti alle vittime, furono dati alle fiamme. Nessun bene di valore fu ufficialmente requisito, ma si presume che alcuni dei poliziotti si arricchirono con orologi, gioielli e denaro presi dalle vittime.
Quando tornarono ai loro quartieri i testimoni riferiranno in seguito che i soldati erano depressi, arrabbiati, amareggiati e scossi. Pochi mangiarono ma bevvero pesantemente dell’alcol offerto generosamente e molti divennero ubriachi. Trapp distribuiva le bottiglie e riempiva i bicchieri dicendo che la responsabilità per l’accaduto ricadeva sugli alti comandi, eppure, nonostante l’alcol e i tentativi di consolazione del Maggiore, nessuno riusciva a lavare via il senso di orrore e vergogna che pervadeva le baracche. Trapp chiese esplicitamente che non si parlasse dell’accaduto, ma gli uomini non avevano bisogno di alcun incoraggiamento in questo senso e coloro che non erano stati nella foresta non volevano conoscere i dettagli. L’intera faccenda divenne tabù. Ma ciò non fermò gli incubi: durante la prima notte dopo l’azione di Józefów, uno degli uomini si svegliò sparando al soffitto delle baracche.

Dopo Józefów

Dopo Józefów, il morale degli uomini del Battaglione continuò a scendere anche tra coloro che non avevano attivamente preso parte alle fucilazioni. Uno dei poliziotti disse al Sergente Kammer: “Se dovrò farlo di nuovo diventerò pazzo”. Altri che soddisfacevano i requisiti si avvalsero di un regolamento per il quale uomini anziani con una famiglia numerosa a carico avrebbero dovuto firmare una liberatoria prima di entrare in una zona di combattimento. Uno di questi che non aveva firmato si rifiutò di farlo, un altro che lo aveva fatto rescisse la sua firma. Tutti questi dovettero essere trasferiti in Germania. Furono molti che chiesero di trasferirsi, i cui sforzi vennero alla fine premiati.
Per far sì che l’unità continuasse a funzionare nel quadro generale della Soluzione Finale si richiedeva che il fattore di demoralizzazione fosse tenuto più basso possibile. Perché ciò fosse possibile, ci furono due importanti cambiamenti: in primo luogo il Battaglione di Polizia di Riserva 101 avrebbe dovuto solo operare nei rastrellamenti dei ghetti e nella deportazione e non nel diretto massacro sul posto che fu invece – nel distretto di Lublino – portato a termine dal campo di sterminio di Treblinka. In secondo luogo il Battaglione avrebbe dovuto essere affiancato dai Trawniki cioè ausiliari arruolati dalle aree dell’Unione Sovietica – allora sotto occupazione nazista – o tra i prigionieri di guerra, appositamente addestrati dalle SS, ed a cui generalmente spettavano le mansioni peggiori nei ripulisti e nelle deportazioni.
Questi uomini e i campi che facevano la maggior parte del “lavoro sporco” fornirono al Battaglione una misura di alleviamento psicologico necessario perché questo continuasse a funzionare nel meccanismo della Soluzione Finale. Quando si richiese di compiere altre “azioni speciali” gradualmente il Battaglione divenne sempre più efficiente nell’eseguire una parte di quegli ordini che a Józefów aveva trovato così difficile portare a termine.